STORIA DELL’ANTICA TECNICA MOKUME GANE
Le primordiali tecniche di lavorazione del metallo nacquero come esperimenti per forgiare lame e spade, affilate e prestanti. Durante il Medioevo, i fabbri europei utilizzarono la tecnica del Damasco per perfezionare i propri prodotti e fu proprio in questo periodo che i crociati, erroneamente, lo denominarono “Acciaio di Damasco”. La tecnica artigianale del Damasco sfruttava la fusione di diversi metalli ferrosi per ottenere armi forti, resistenti e flessibili.
Esempi di questa tecnica, applicata all’oreficeria, risalgono ad epoche antiche e se ne trova traccia in varie parti del mondo. In Marocco, artigiani berberi realizzarono gioielli unendo assieme rame, ottone e argento; allo stesso tempo, in Indonesia, vennero forgiati i noti pugnali giavanesi, denominati “Kriss”, creati dall’unione di diverse tipologie di ferro.
Il Giappone, già noto per l’arte delle catane, negli anni si impegnò in una continua di ricerca per la creazione di nuove leghe e la lavorazione di metalli ferrosi e non-ferrosi. Fu così che, nel XVII secolo, l’applicazione della tecnica del Damasco ai metalli preziosi, venne chiamata Mokume Gane (木目金), che in giapponese sta per “metallo dalle venature lignee”; la lavorazione eseguita, infatti, permette di ottenere venature con sfumature differenti, ricordanti quelle del legno.
La specialità di questa tecnica consiste nell’ottenere intrecci di diversi colori, combinando più metalli: oro giallo, oro rosso, oro bianco al palladio, argento e/o rame. Tale processo richiede una profonda conoscenza di ogni metallo o lega utilizzata, la quale viene però ripagata dalla realizzazione di gioielli unici, frutto dell’antico paradigma Oreficeria-Magia-Potere.